Rogoredo è una storia vera

Questa che sto per raccontarvi è una storia vera
di uno che non è mai stato capace di dire di no.

Si erano conosciuti vicino alla Breda
lei era di Rogoredo e lui … non so!


Andava a Rogoredo – Enzo Jannacci

Rogoredo è un luogo di transito, una soglia d’entrata che con un occhio guarda Milano e con l’altro la campagna.

C’era una volta… storie di operai, di nebbia fitta, di biciclette e schiscetta, di canali e cascine e antiche trattorie dove mangiare le rane fritte

Dell’enorme impianto siderurgico della Redaelli, chiuso alla fine degli anni 80 e completamente demolito, resta un grande spazio urbano vuoto, fatto di cumuli di terra, arbusti, grandi alberi spontanei che si ergono in mezzo al vuoto e una sola singolare costruzione circolare, in klinker. Un laboratorio, costruito negli anni 40 secondo lo stile del razionalismo dell’epoca e che agonizza tra nuovi appartamenti e alte facciate continue di vetro.

Da una parte Via del Futurismo con il nuovo quartiere di Santa Giulia, dall’altra il vecchio quartiere, fatto di case antiche e piccoli negozi, ma basta spostarsi di poco per vedere gli scheletri di enormi edifici abbandonati, sedi una volta del Ministero delle Finanze ed ora abitati da una umanità ai margini.

I curati spazi urbani del nuovo quartiere guardano enormi buche, nuove strade, condomini appena ultimati e ancora vuoti, ruspe e reticolati che cintano nuovi progetti e nuove trasformazioni.

Il business district che sta nascendo accanto alle gigantesche antenne di Murdoch, l’inizio imminente delle costruzioni per le Olimpiadi del 2026 e il progetto sul futuro prossimo dello scalo di Rogoredo, pare una lotta tra archistar.

Avvicinare il centro alla periferia, creare nuovi centri, sembra il mantra di questi anni per la riprogettazione delle città, con l’occhio sempre rivolto ai più facoltosi.

Bello il progetto di Francesco Jodice sul quartiere.

Sessanta immagini che recintano una parte delle nuove costruzioni e che raccontano una “narrazione urbana” dove invece che illustrare i famosi studi di architettura internazionali coinvolti nella trasformazione della zona celebrano la vita quotidiana, “come le narrazioni storiche che si realizzavano per le colonne celebrative o le sequenze di fregi e metope sui frontoni dei templi”.

In quei casi si celebravano retoricamente vittorie e successi di re, imperatori e condottieri, invece nel mio progetto si celebra il rito della normalità e della quotidianità della vita di un quartiere di Milano”.